Quando un fiore cresce nel cemento: la RESILIENZA

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- LA DEFINIZIONE DI RESILIENZA -

Il termine resilienza deriva dalla metallurgia e dalla fisica dei materiali e indica la capacità di un metallo di resistere alla forze che vi vengono applicate riacquistando la propria forma iniziale dopo aver subito una deformazione causata da un impatto. Indica quindi l’elasticità, la capacità di assorbire energia in caso di urto. Attualmente viene usato in modo metaforico in diversi campi applicativi quali ad esempio psicologico-pedagogico, ingegneria, informatica, scienze dei materiali, biologia, psicologia.

Il termine resilienza deriva dal latino “resalio”, iterativo del verso “salio”, che indica l’azione di risalire sulla barca capovolta dalle onde del mare. Quando la vita rovescia la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per risalirvi sopra. Gli antichi connotavano il gesto di tentare di risalire sulle imbarcazioni rovesciate con il verso “resalio ”(Pietro Trabucchi, Resisto dunque sono, ed. Corbaccio).

Anche la psicologia ha utilizzato il concetto di resilienza come metafora per descrivere la capacità dell’apparato psichico di mantenersi compensato anche di fronte a gravi esperienze traumatiche, capacità determinata dalla combinazione di forza interiore, supporto esterno e capacità di apprendere dall’esperienza. Con il termine resilienza si intende quindi la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici e di riorganizzare positivamente la propria vita di fronte alle difficoltà che facevano pensare ad un esito negativo, una capacità di evolversi anche in presenza di fattori di rischio. Tale definizione mette in risalto il fatto che la resilienza può non riguardare esclusivamente un individuo ma coinvolgere una collettività che davanti a momenti di crisi, a fattori di rischio o traumi di diversa entità e dimensione, riesce a mettere in atto una serie di energie per far fronte alla situazione.

Essere resilienti, come dice Anaut, non vuole dire che il soggetto non soffra o non sia in difficoltà, anzi, la dimensione del dolore è presente, non è negato anzi viene trasformato. Semplicemente i soggetti resilienti hanno una combinazione di capacità che fanno si che “sopravvivano” al trauma sviluppandosi in modo normale a dispetto del rischio. “La resilienza designa l’arte di adattarsi a situazioni avverse (condizioni biologiche e sociopsicologiche) e di sviluppare capacità collegate sia a risorse interne (intrapsichiche), sia interne (ambientali, sociali, affettive), che permettono una buona costruzione psichica e un buon inserimento sociale” (E. Malaguti, Educarsi alla resilienza. Come affrontare crisi e difficoltà e migliorarsi ed. Erikson). Inizialmente si riteneva che la resilienza dipendesse unicamente da fattori individuali che influenzavano la risposta del soggetto all’evento. In questo modo il bambino veniva definito invulnerabile, lasciando da parte i fattori contestuali e ambientali. Questa visione appariva però come una colpevolizzazione della vittima che non riusciva a far fronte al trauma, a differenza di altri soggetti che invece ci riuscivano. In realtà gli studi hanno disconfermato tale idea, la resilienza non dipende solo da caratteristiche indiviuali ma anche da ambientali e contestuali.

La resilienza diventa così un fattore multidimensionale. Sono quindi diversi i fattori in causa che permettono lo sviluppo della resilienza nel soggetto, temperamento, intelligenza, personalità, qualità delle abilità sociali, autostima, fattori ambientali, legami familiari ed extra-familiari. Secondo l’APA le capacità della persona resiliente sono le seguenti: la capacità di socializzare e relazionarsi in modo supportante dentro e fuori la famiglia, intessendo relazioni in grado di stimolare amore e fiducia e offrire modelli di ruolo rassicuranti; la capacità di progettare realisticamente le proprie mete e di pianificare tappe per conseguirle; una visione positiva di sè e fiducia delle proprie capacità e risorse; la capacità di comunicare adeguatamente e di risolvere i problemi; la capacità di controllare emozioni e impulsi.

Secondo Boris Cyrulnik la resilienza è una modalità di elaborazione di un trauma, è la capacità di vivere mantenendo un funzionamento adattivo in presenza di un evento traumatico esterno. Un trauma è dato da due elementi, il primo in quanto evento reale, quello che provoca il dolore della ferita; il secondo in quanto rappresentazione dell’evento, la sofferenza collegata ai vissuti e che deriva dal rispecchiarsi nello sguardo dell’altro. Per elaborare il primo elemento il soggetto deve attraversare un lento processo di riparazione utilizzando meccanismi di difesa maturi e funzionali, per elaborare il secondo è necessaria una ridefinizione del significato dell’evento e della rappresentazione del proprio dolore all’interno del proprio sistema di relazioni. Una volta vissuta una sofferenza è molto importante poterle attribuire un senso e, per dare senso a un trauma, bisogna poterlo pensare. L’elaborazione della rappresentazione del trauma costituisce il compito più arduo per chi ha subito un trauma in quanto implica una metamorfosi nell’attribuzione di significato. Il linguaggio quindi permette di verbalizzare il trauma, condividerlo, renderlo comprensibile, attribuirgli un senso. Questa operazione tuttavia, è condizionata dagli altri: se l’altro non ascolta, se nega l’esistenza del trauma, se nega la possibilità di un recupero, le conseguenze saranno disastrose. Il contesto sociale del traumatizzato diventa così decisivo nella elaborazione della rappresentazione del trauma: la mancata cicatrizzazione della ferita che rimarrà aperta anche se nascosta o l’integrazione della ferita nella storia del soggetto. Questa duplice elaborazione, la cicatrizzazione della ferita e la ridefinizione della sua rappresentazione dovranno procedere parallelamente perchè si realizzi la riparazione, non una riparazione che riporta il sistema psico-affettivo allo stato precedente al trauma. L’essere vivente infatti è una macchina vivente complessa e benchè riparata non torna mai esattamente come prima del guasto. Dunque la resilienza è riparazione ma anche cambiamento del soggetto, un cambiamento qualitativo in grado di mantenere la coesione strutturale e funzionale del soggetto.

Concludendo, la resilienza non è un tratto stabile della personalità, è un processo non assoluto che si sviluppa, non è un processo “tutto o nulla”, non è presente in ogni ambito della vita nè in ogni momento della vita, non è sempre garantita la stessa risposta adattiva in ogni momento e in ogni ambito della vita del soggetto. Un bambino non è resiliente in sé infatti può essere resiliente in un dato momento della sua vita ma non in un altro, così come può essere resiliente in alcuni aspetti della propria vita ma non in altri, è possibile essere resilienti con una persona e non con un’altra. Il soggetto quindi può riprendere il proprio sviluppo in un ambiente e crollare in un altro. La resilienza è un processo possibile in qualsiasi momento ma i processi di resilienza devono essere rinegoziati in ogni situazione. Inoltre non ci sono eventi “assolutamente negativi” nè altri “assolutamente positivi”, dipende anche da tutti gli altri elementi intorno al soggetto e al suo periodo di sviluppo. I fattori protettivi e di rischio non producono un processo di causa-effetto, non sono quindi predittivi nè del successo nè del fallimento di fronte ad un evento ritenuto traumatico.

- I FATTORI COSTITUTIVI DELLA RESILIENZA -

Molti sono gli studi che cercano di capire il processo che porta alla costruzione, allo sviluppo o al rafforzamento della resilienza. Secondo Boris Cyrulnik infatti, resilienti non si nasce ma si diventa. La resilienza è un processo e si sviluppa per una concomitanza di aspetti, dando vita a questa abilità che impedisce di essere sopraffatti dagli eventi negativi che si incontrano nel corso della vita. La resilienza è un fattore multidimensionale, sono diversi i fattori che concorrono a determinare la resilienza. Quali sono allora gli aspetti che concorrono alla sua formazione? Garmezy e Masten, attraverso i loro studi, hanno identificato tre macro-aree principali che favoriscono lo sviluppo della resilienza: i fattori individuali, i fattori familiari e i fattori relazionali ed extrafamiliari. Questi due autori ci mostrano come per comprendere il concetto di resilienza occorre adottare una prospettiva di tipo sistemico.

> Fattori individuali

Partiamo dai fattori indivuali che permettono lo sviluppo della resilienza. Di questa categoria fanno parte sia le disposizioni della personalità che le risposte personali di fronte all’evento. Le caratteristiche individuali importanti per lo sviluppo della resilienza sono:
• il temperamento socievole e adattabile: quando il temperamento è stato ben strutturato da un attaccamento sicuro ad un nucleo parentale affidabile e competente il bambino, in caso di difficoltà, sarà in grado di adottare adeguate modalità resilienti e di trovare sostituti efficaci.
• buone abilità cognitive, efficaci strategie di regolazione emotiva e comportamentale: un soggetto intelligente e con strategie di regolazione efficaci riesce ad affrontare gli eventi a rischio cercando strategie utili al superamento del trauma regolando le reazioni emotive.
• avere stima di sè, percezione di autoefficacia: permettono una visione del mondo positiva e visione di sè positiva (base sicura interna).
• presenza di relazioni interpersonali: il supporto sociale, la capacità di costruire relazioni eterogenee e molteplici permettono il sostegno l’individuo nei momenti difficili.
• humor, ottimismo: con queste catatteristiche le difficoltà della vita vengono affrontate in modo produttivo per trovare una soluzione ai problemi.

> Fattori relazionali, familiari ed extra-familiari

Veniamo ora ai fattori relazioni e familiari. Le caratteristiche familiari e sociali importanti per lo sviluppo della resilienza sono:
• ambiente familiare stabile e capace di sostegno,
• basso livello di discordia familiare,
• relazioni valide e con attaccamento sicuro con un caregiver,
• stile genitoriale adatto,
• relazioni positive tra i membri della famiglia,
• rete di sostegno sociale,
• stile cooperativo delle persone nell’ambiente,
• rapporti con adulti con funzioni di guida e coetanei con attitudini prosociali,
• genitori impegnati nel processo educativo,
• impegno in attività,
• l’essere riconosciuti come oggetto d’amore che favorisce il senso di sicurezza interna.

Viceversa incapacità a gestire il ruolo educativo, problematiche nella relazione fra i genitori, malattia mentale dei genitori, scarse capacità di contenimento, relazioni continuamente carenti o esperienze di trascuratezza, maltrattamento, abuso sono fattori che non permettono lo sviluppo di un legame sicuro nè lo sviluppo della resilienza nel soggetto. Quindi per far si che il soggetto possa affrontare il trauma e divenire resiliente il soggetto deve avere disponibilità di un sostegno familiare e avere accesso ad una rete sociale adeguata. La resilienza è un’abilità che si acquisisce precocemente attraverso l’attaccamento sicuro ma anche chi ne è stato privato può apprenderla nel corso della vita, purché l’ambiente circostante offra tutori di resilienza. I tutori di resilienza sono molto importanti perchè sono in grado di attivare le risorse (anche latenti) del soggetto, facendo si che il soggetto le scopra e le riconosca per poterle utilizzare nel momento di bisogno.

Perchè studiare i fattori che permettono lo sviluppo della resilienza? Lo studio dei fattori che permettono lo sviluppo della resilienza è di fondamentale importanza per comprendere le risposte ai traumi psicologici e per mettere a punto strategie preventive per contenere gli effetti del trauma oltre che per sviluppare la resilienza nei soggetti. Questi studi infatti servono per trovare strategie per migliorare il livello di resilienza dei soggetti in caso di trauma. La resilienza si può “apprendere” cercando di sviluppare fin dall’infanzia i fattori sopra citati. La resilienza non è una caratteristica presente/assente nel soggetto, presuppone che qualsiasi soggetto in qualsiasi momento della propria vita di fronte a diversi episodi potrebbe manifestare resilienza.