#unlibroperriflettere - La principessa che aveva fame d'amore

Oggi torna la rubrica #unlibroperriflettere e vi parlo di dipendenza affettiva. Io ho scelto di parlarvi del libro La principessa che aveva fame d’amore di Maria Chiara Gritti. 

La Dott.ssa Gritti è una psicologa e psicoterapeuta che da molti anni si occupa di dipendenza affettiva. Ha scritto questo libro a partire dalla sua esperienza nella conduzione di gruppi terapeutici sulla love addiction.

Perchè una fiaba? Perchè parla alle nostre parti infantili e ci connette più facilmente con i personaggi e le loro emozioni.

Perchè nel libro si parla di fame d’amore? È una metafora del digiuno di affetto che vive Arabella, ma prima di lei i suoi genitori, e le principesse smarrite. La dipendenza affettiva infatti si innesta su un terreno in cui il pane dell’amore è assente.

Cos’è la dipendenza affettiva? “È una forma patologica d’amore (love addiction) nella quale l’individuo, solitamente la donna, dedica completamente tutto il suo corpo e tutta la sua mente all’altro. Il partner scelto si trasforma in una “droga” alla quale la dipendente deve continuamente attingere per riempire un vuoto affettivo presente fin dall’infanzia”.

Il libro parla di Arabella e dei suoi genitori, di Bussola, di Vuoto, dei Principi, di Angelica, della Riparabussole, delle Principesse del rifugio delle principesse smarrite.

Come in ogni fiaba di principi e principesse ci sono due persone che si innamorano e si sposano, sono Alfio e Rosa. Alfio è un uomo che è cresciuto con una fame d’amore insaziabile visto che da bambino non è stato accudito dalla sua famiglia. Insaziabile fame che Rosa cerca con tutte le energie di saziare, fallendo. Da questa relazione nasce Arabella, una bimba molto affamata che ben presto capisce che i suoi genitori non sono in grado di sfamarla visto che sono presi a soddisfare la loro fame di affetto, cosa che li rende ciechi nei confronti dei suoi bisogni. Qui, per la prima volta, conosce Bussola, la voce interiore che ci dice di cosa abbiamo bisogno per stare bene con noi stessi. Bussola le suggerisce di preparare autonomamente i suoi pani così Arabella scopre di essere molto brava a preparare il pane della brava bambina (in seguito della brava donnina), un pane molto gustoso per gli altri, che fa si che gli altri siano fieri di lei, ma che non la saziava realmente in quanto annullava i suoi bisogni. Sempre più spesso, per sopravvivere, ricorreva al pane della fantasia, ma ogni giorno le urla di Vuoto divenivano sempre più forti in quanto quel pane non bastava per saziarsi. E come decise di riempire quel vuoto Arabella? Andando a cercare un Principe che producesse per lei il pane dell’amore. Nella città degli incontri Arabella conosce diversi Principi, quello protettivo, quello prestigioso e quello avventuroso. Ognuno di loro le offrì un pane che inizialmente sembrava saziarla ma che in realtà era, di nuovo, una sazietà fittizia, erano delle briciole di cui si accontentava per cercare di placare il Vuoto, che urlava sempre più forte la sua fame, incolpandola dei suoi fallimenti tanto che Arabella inizia a pensare di non essere degna di amore, di doversi accontentare di quel poco che riceveva.

“A volte bisogna perdersi per ritrovarsi. Tutto quello che è accaduto era un passaggio necessario per capire chi sei realmente”.

Ad un certo punto le illusioni di Arabella crollano, proprio in quel momento conosce Angelica, che conosce molto bene la sensazione di vuoto e il tentativo di ubbidirgli per placarlo. Infatti Angelica è una donna che ha sofferto come lei ma che ora sta bene grazie alla Riparabussole, una persona che aiuta le principesse smarrite a comprendere le origini del Vuoto e a ritrovare la voce di Bussola.

Il rifugio delle principesse smarrite sembrava un luogo senza tempo “perchè bisogna fermarsi per capire cosa si ha dentro, per gestire il bisogno in modo diverso”. E’ lì che inizia la ricerca del vero nutrimento.

Nel gruppo di principesse smarrite Arabella si sente rispecchiata, trova un posto dove condividere la sua esperienza ed essere accolta senza giudizio, qualcuno che ha provato le stesse sue emozioni e non si sente più sola. Ma Arabella dovrà anche affrontare un difficile viaggio per capire chi è il Vuoto che urla dentro di lei e per ritrovare la voce di Bussola, che la guiderà a casa per rivedere i suoi genitori. L’incontro con i genitori sarà un momento pauroso ma fondamentale per Arabella, perchè toglierà la maschera della brava bambina che ha sempre indossato e mostrerà sè stessa e i suoi reali bisogni.

Questo percorso è servito ad Arabella a ritrovare sè stessa, il pane dell’amore vero, dell’amor proprio, del perdono degli errori, della fiducia in sè stessi, della felicità, dell’autenticità, del rispetto per sè stessi. Un percorso che le ha permesso di riconoscere i suoi bisogni, oltre quegli degli altri. Così come avviene in un percorso di psicoterapia.

Infatti ho scelto questo libro perchè oltre a trattare il tema della dipendenza affettiva con delicatezza offre una bellissima metafora della terapia inviduale e di gruppo, della stanza di terapia, del ruolo del terapeuta.

Vi lascio con una frase che ritengo una delle più belle del libro perchè secondo me rappresenta  la vera essenza del lavoro dello psicoterapeuta: “Puoi salvarmi? No, nessuno può salvarti dalla fame d’amore, posso sostituire la Bussola finchè non la ritroverai, è lei che ti salverà. So che vorresti qualcuno che ti salva. Vuoto va saziato ma è accecato dalla fame che gli fa scegliere scorciatoie. Non è Vuoto la tua guida, lui ti fa fare scelte per fame, bisogna trovare il modo giusto per sfamarlo”.

E voi avete letto questo libro? Vi è piaciuto? Fatemi sapere cosa ne pensate.

“E ora che sei in grado di nutrire te stessa...vai, Arabella, corri nel mondo e realizza tutti i tuoi desideri”