#unlibroperriflettere - L'amore che mi resta

Torna #unlibroperriflettere. Oggi ho scelto come tema il suicidio e ho deciso di leggere e di parlarvi del libro “L’amore che mi resta” di Michela Marzano. Non è stato facile approcciarsi a questo libro perchè fin dalla prima pagina mi ha catapultata nel dolore di Daria, la protagonista, un dolore che ho sentito davvero vivido. Non è un libro che tratta il tema in modo pesante facendo la cronistoria degli eventi, anzi, ma nonostante questo non nego che più e più volte mi sono commossa (e chi mi conosce di persona sa che non è una cosa che capita sovente, soprattutto per un libro). E allora perchè hai pianto, vi chiederete? Per la sensibilità e allo stesso tempo profondità con cui questa autrice ha toccato questo tema così delicato, il modo di raccontare dell’autrice permette di entrare subito in sintonia con il personaggio principale e con il suo dolore, i suoi vissuti, i suoi ricordi, le sue emozioni.

“L’avevo detto, a tuo padre, che al telefono eri triste. Cioè, non proprio triste. Contratta, come rassegnata. Gliel’avevo detto, ma lui niente. Gliel’avevo ripetuto. Niente. A insistere che eri grande, che con la mia ansia esageravo. Non è grande! Avevo replicato. Poi avevo provato a pensare ad altro. Erano le ventitre. Era venerdì”... Finchè non era arrivata la telefonata... Sta bene vero? Lo dice. La terra si apre sotto i piedi.”

Il libro inizia così, con Daria che racconta che cosa è successo dal momento in cui è stata avvertita che la figlia Giada si era suicidata. Inizia il racconto del dolore, un dolore lacerante, un buio che la inghiotte e in cui nessuno riesce ad aiutarla, neanche suo marito Andrea e l’altro suo figlio Giacomo. Una vita che si ferma perchè impossibile andare avanti, per nessuno. Il racconto si snoda tra il senso di colpa per non aver capito ciò che stava succedendo a Giada, la ricerca della motivazione di quel gesto, la colpevolizzazione prima del fidanzato Paolo che dopo un litigio l’aveva lasciata sola, lo psichiatra che la seguiva, addirittura la madre biologica che ha abbandonato da neonata Giada e motivo principale della sua sofferenza.

Questo è il racconto dell’elaborazione del lutto di Daria, a partire dai ricordi dietro cui si barrica. I ricordi di quando non riusciva ad avere figli, dell’iter dell’adozione, di quando finalmente ha adottato Giada e il mondo si è aggiustato, di quando credeva di essere una mamma perfetta, che credeva di conoscere tutto di sua figlia e che l’amore curasse ogni ferita, di quando ha raccontato a Giada di essere stata adottata (“Ma quando sei venuta a prendermi era perchè volevi una bambina o perchè mi volevi bene?”). Ma il libro parla anche della sofferenza di Giada, di cosa potrebbe averla spinta a tentare il suicidio anche se, come viene detto nel testo, nessuno potrà mai sapere con esattezza cosa è successo nella mente di Giada quel venerdì alle 23.

Daria alla fine del libro riferisce di non essere guarita totalmente dal dolore della perdita della figlia ma piano piano, con l’aiuto di diverse persone (Cristiana, una psicoterapeuta; Agnese, una donna di un’associazione che la mette in contatto con la madre biologica di Giada), ha ricomposto il puzzle che ha portato Giada a suicidarsi. Talvolta torna a vivere, altre volte a farsi attraversare dalla vita. L’assenza di Giada è sempre presente ma “la sofferenza resta per sempre, ma cambia il peso, e si accetta che i ricordi siano solo ricordi, nonostante si senta e si tocchi tutto come fosse reale”.

“Ora lo capisco pulcina, forse accetto, forse no, ma c’è tutto quest’amore che mi resta... un amore che non salva nessunno, adesso lo so anch’io, ma c’è, ed è veramente tutto.”

Che dire. Vi consiglierei la lettura di questo libro? Assolutamente si, perchè è davvero molto intenso e tratta diversi tempi importanti.

Qualcuno di voi lo ha letto? Che ne pensate?