#unlibroperriflettere - Per dieci minuti

Oggi in #unlibroperriflettere vi parlo di Per dieci minuti di Chiara Gamberale.

"Dieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Dieci minuti per fare una cosa nuova, mai fatta prima. Questa è la "prescrizione" dell'analista di Chiara. Dieci minuti fuori dai soliti schemi. Per smettere di avere paura. E tornare a vivere. Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più. Perché, a volte, capita. Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato a un altro. Che cosa si fa, allora? Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca. Chiara non ha niente da perdere, e ci prova. Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima. Lei che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l'hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, si mette lo smalto fucsia, consegna il cellulare a uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere realtà che non avrebbe mai immaginato e che la porteranno a scelte sorprendenti. Da cui ricominciare."

Chiara, la protagonista, è immersa nel dolore insopportabile che si prova quando sembra che la propria vita stia andando in pezzi. Di colpo, può accadere che tutto ciò che si avvertiva come familiare e consolidato, d’improvviso cambi. Il marito inaspettatamente la lascia, perde la conduzione della sua rubrica. La fine di una relazione comporta sempre una messa in discussione, a porsi degli interrogativi che riguardano anche sé stessi e il desiderio principale, anche di Chiara, è quello di chiudersi in sè stessi, fino a quanto la sua terapeuta le propone un gioco. Fare ogni giorno per dieci minuti una cosa nuova.

Ma a cosa servono questi 10 minuti? Ci impongono di pensare ad altro, mettendo da parte momentaneamente il dolore, a distrarsi dai problemi. Ci permette di confrontarci con cose sconosciute della vita e di sé stessi. Ci permette di considerare i nostri confini e come superarli. Quei 10 minuti toccano un'emozione nuova. Non c'è la vergogna, non ci sono certezze e le rassicurazioni che certi equilibri comportano. Ognuno avrà i suoi 10 minuti, chi potrebbe soffermarsi su cose manuali chi su cose emotive. L'importante che in quei 10 minuti si possa testare quella parte più atrofizzata di noi stessi, per risvegliarla. L’obiettivo è unicamente quello di uscire dai classici schemi e combattere la paura.

Ed è così che Chiara abbandona lentamente il rifugio del dolore e riscopre tutto ciò che nella sua vita non aveva mai sperimentato. Scoprendo che crisi non necessariamente significhi distruzione o fallimento anzi, come dice Einstein, “La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato."

Ma da dove nasce l'idea della terapeuta di far giocare Chiara? Ci sono molti autori che sostengono che il gioco, oltre che in età evolutiva, sia fondamentale anche in età adulta. Spesso però è difficile per la persona mettersi in gioco senza vergogne. Io stessa nel mio percorso di studi da psicoterapeuta ho fatto dei laboratori in cui si giocava, si disegnava e devo dire che non è stato per nulla facile lasciarsi andare, senza la paura del giudizio altrui. Ma ogni volta che mi lasciavo andare al gioco scoprivo aspetti di me inediti e allora mi dicevo che tutto sommato, anche se all'inizio mi ero vergognata un po', mi ero divertita un sacco a fare scarabocchi e inventarne una storia oppure a fare il gioco della fiducia ad occhi chiusi. Come diceva Winnicott, “è nel giocare e solo mentre gioca che l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera personalità, ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé.”

Noterete che il terapeuta di Chiara non ha tratti ben delineati (es. non si conosce il suo orientamento) e questo è un aspetto che ho molto gradito in quanto non esiste un orientamento universale che va bene per tutti i problemi/patologie e che va bene per tutti i pazienti. Semplicemente la Gamberale in questo romanzo ha mostrato come la stanza di terapia abbia la capacità di divenire il luogo in cui il paziente inizia a sperimentarsi e a provare modalità di pensiero e relazionali nuove. I 45 minuti della seduta possono assomigliare ai dieci del gioco. Infatti nella relazione con il terapeuta, il paziente, non lavora solo sui contenuti e sugli eventi per lui dolorosi, ma incontra l'altro da sé, da voce a parti di sé taciute, a sfumature e lati della sua personalità messi in secondo piano, nascosti dietro quelli più abituali, talvolta al punto tale da divenire stereotipati. Fare psicoterapia non vuol solo dire, come molti pensano, curare chi ha un disturbo psichico, ma vuol dire ricostruire e/o rafforzare l'efficienza funzionale della personalità del soggetto che richiede l'intervento del professionista. Capita spesso che le persone si rivolgano ad un terapeuta per essere accompagnate in eventi importanti del proprio ciclo vitale (es. adolescenza, lutti, cambiamento o perdita di lavoro, separazioni, malattie, problemi economici, problemi di coppia) che porta a cambiamenti a cui si è impreparati. Compito del terapeuta è quello di guidare il paziente attraverso il suo viaggio, un percorso di consapevolezza che mira a far emergere alla coscienza, fatti, emozioni, sentimenti, contenuti rimossi per giungere alla riscoperta di nuove soluzioni e ad una maggiore consapevolezza dell'evento ritenuto problematico oltre che ad un nuovo equilibrio.

Chiara Gamberale in questo romanzo racconta quanto il cambiamento sia spaventoso, ma necessario. E dimostra come, un minuto per volta, sia possibile tornare a vivere.
E come? Giocando. Secondo Steiner per crescere il bambino ha un solo modo, giocare, poter esprimere la propria fantasia. Così anche l'adulto.
“In ogni essere umano esistono facoltà latenti attraverso le quali egli può giungere alla conoscenza del mondo”.