#unlibroperriflettere - Svegliami a mezzanotte

Oggi per la rubrica #unlibroperriflettere ho deciso di parlare di disturbo bipolare. Chi è ne è affetto tende ad alternare fasi depressive seguite da fasi ipomaniacali o maniacali.

Io ho deciso di leggere Svegliami a mezzanotte di Fuani Marino. Fuani ci racconta cosa significa vivere ogni giorno con un disturbo bipolare, la fatica che porta con sé la quotidianità con una malattia psichiatrica. Ma il libro non è solo il racconto di un disturbo mentale dal di dentro, è anche la storia di una guarigione (grazie alla terapia farmacologica e alla psicoterapia), la sua sua voglia di sopravvivere a se stessa, la sua speranza di non cadere più. “ho proceduto a tentoni, procedo ancora. Sperando a ogni passo, di non cadere più”.

"Un tardo pomeriggio di luglio in un’anonima località di villeggiatura, dopo una giornata passata al mare, una giovane donna, da poco diventata madre, sale all’ultimo piano di una palazzina. Non guarda giú. Si appoggia al davanzale e si getta nel vuoto. Perché l’ha fatto, perché ha voluto suicidarsi? Non lo sappiamo. E forse, in quel momento, non lo sa nemmeno lei. Ma quel tentativo di suicidio non ha avuto successo e oggi, quella giovane donna, vuole capire. Fuani Marino è sopravvissuta a quel gesto e alle cicatrici che ha lasciato sul suo corpo e nella sua vita. Ma le cicatrici possono anche essere una traccia da ripercorrere, un sentiero per trasformare la memoria in scrittura."

“E poi sono caduta, ma non sono morta”. Questo libro è la storia di chi ha attraversato il dolore e ha deciso che non avrebbe voluto più sopportarlo, una totale mancana di senso con cui non poteva più convivere. E' la storia di un suicidio dal punto di vista di chi è sopravvissuto a quella decisione. Ma nel libro si affrontano diversi "grandi" temi: si parla di malattia mentale, un disturbo negato e non accettato dalla società, si parla di suicidio, della solitudine di fronte alla maternità e al senso di inadeguatezza che comporta.

L'ho trovato un racconto sincero in cui l'autrice non cerca assoluzione o compassione, spiega la sua storia, simile a tante altre persone che soffrono e non vengono comprese e aiutate, mostrando che dietro l'etichetta diagnostica c'è dell'altro. “La dottoressa mi disse che il mio gesto non cancellava quanto avevo fatto in passato né rappresentava ciò che ero nella mia totalità, quindi non avrei dovuto lasciargli prendere il sopravvento su tutto il resto. Tu non sei quello che hai fatto. E’ solo una cosa che ti è successa, ripeté”.

Voi avete letto altri libri su questo argomento?  Fatemi sapere cosa ne pensate.